Materiali e contesti 2. Valle del Colosseo e pendici nord-orientali del Palatino - Dopo lo scavo 2
- Anno: 2013
- Autore/i: Clementina Panella, Lucia Saguì
- Catalogo: Scienze e Lettere
- Argomento: Archeologia
- Collana: Dopo lo scavo
- ISBN: 978-88-6687-051-7
- ISSN:
PRESENTAZIONE
Questo volume e quello che lo ha preceduto (Materiali e Contesti 1) fanno parte della collana “Dopo lo scavo” della Casa Editrice Scienze e Lettere e costituiscono l’esito del progetto “Investire sul capitale umano: dalla formazione all’inserimento professionale nel campo dei Beni Culturali” finanziato dalla Fondazione Cariplo nel 2012. L’iniziativa si inserisce nel più ampio programma di pubblicazione dello scavo archeologico della Sapienza Università di Roma nella valle del Colosseo e sul Palatino nord-orientale, secondo una logica che mira a presentare in modo sintetico i risultati delle tesi di laurea e di diploma di specializzazione e di dottorato degli allievi che hanno partecipato allo scavo e che nel corso di questi ultimi anni hanno studiato le stratigrafie e i contesti riportati in luce.
Il percorso che abbiamo intrapreso, a cui la Fondazione ha dato il suo sostegno, nasce da una serie di considerazioni. L’insegnamento di Metodologia e tecniche della ricerca archeologica della Sapienza ha come fine istituzionale la didattica, ripartita in lezioni frontali e stages di scavo che si sono svolti e attualmente si svolgono sulle pendici nord-orientali del Palatino a Roma in un’area che rientra nel Parco Archeologico del Foro Romano/Palatino, in concessione al Dipartimento di Scienze dell’Antichità da parte del Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali (fig. 1). Su questo eccezionale parterre archeologico e monumentale annualmente viene offerta la possibilità di svolgere attività sul campo agli studenti di archeologia iscritti alla Sapienza e a studenti di altre università italiane e straniere che ne facciano richiesta. Nel cantiere didattico lo studente impara tutte le procedure necessarie a condurre uno scavo secondo metodi scientifici e viene quindi messo in grado di intervenire in futuro autonomamente su qualunque cantiere archeologico.
L’attività di scavo, però, non è mai fine a se stessa e non si esaurisce con le operazioni sul campo. Il passaggio successivo, quello dal quale dipende il vero successo dell’operazione archeologica, consiste infatti, come in ogni campo del sapere, nell’elaborazione dei dati e nello studio dei reperti. Lo studio crea, inoltre, i presupposti per indirizzare le indagini successive. In questo processo sono coinvolti gli studenti e gli allievi più interessati e più capaci, che vogliono concludere il loro percorso formativo con l’interpretazione delle stratificazioni che hanno contribuito a “smontare”. Il passo finale, in assenza del quale anche una grande impresa può definirsi una sconfitta, consiste nel comunicare i risultati del lavoro, sia in ambito scientifico sia nell’ambito di una divulgazione di buon livello. È questo il solo modo attraverso il quale il contenuto del patrimonio culturale del nostro Paese può essere restituito al pubblico. L’uso pubblico della storia, e non una ricerca autoreferenziale, rappresenta dunque l’obbiettivo delle nostre ricerche.
Ma con le tesi di laurea o di diploma l’Università esaurisce il suo compito formativo. I passaggi successivi attengono alla ricerca. L’istituzione universitaria provvede dunque alla formazione di base per tutti gli studenti iscritti, riesce per i più meritevoli a fornire strumenti utili alla loro formazione, ma non riesce a sostenere, a causa del progressivo definanziamento della ricerca scientifica in Italia, la continuità nella ricerca per quanti si sono distinti per le loro capacità. Per questi motivi abbiamo richiesto ed ottenuto nel 2012 dalla Fondazione Cariplo l’attivazione di borse di studio/premi di laurea che hanno valorizzato i nostri percorsi formativi. Inoltre, ed è questa la cosa più importante, essendo la comunicazione in tempi brevi dei risultati della ricerca un requisito essenziale anche per l’ingresso nel mondo del lavoro, abbiamo attivato con questo canale di pubblicazione l’esito a stampa dei migliori lavori dei giovani che fin qui ci hanno seguito. Allo studente, ormai divenuto studioso, speriamo che si apra in tal modo la strada delle diverse professioni previste nel panorama dei Beni Culturali.
Il primo volume di questa Collana ha affrontato una serie di temi riguardanti alcuni ritrovamenti (intonaci), alcuni impianti particolari (vasche, pozzi, sala da banchetto) e l’applicazione nel cantiere di nuove metodologie di rilievo e di rappresentazione. Questo secondo volume è invece interamente dedicato allo studio dei reperti mobili e alle stratigrafie da cui essi provengono. Nella scelta dei contributi da pubblicare abbiamo tenuto presenti la cronologia dei contesti in modo da offrire un quadro aggiornato della cultura materiale di alcuni periodi di costruzione e vita dei complessi individuati e, in seconda battuta, le trasformazioni nel tempo degli oggetti d’uso (dall’età neroniana all’età medievale, passando per l’età domizianea, medio imperiale e tardoantica). Il libro è perciò suddiviso in cinque parti, corrispondenti ai periodi presi in esame. In controluce sarà possibile apprezzare anche le trasformazioni del paesaggio di questo settore urbano, dall’incendio del 64 alle spoliazioni e ai rimpieghi post-antichi .
Nel primo contributo, che si riferisce ai reperti di alcune stratigrafie da-tate al 64-68 d.C. dell’Area della Meta Sudans (fig. 1, 1) e dell’Area IV del can-tiere del Palatino (“Terme di Elagabalo”, fig. 1, 3), sono state riunite tre ricerche (di Cecilia Gualtieri, di Viviana Cardarelli, di Giusy Castelli) che, pur conservando la loro individualità dovuta ai diversi luoghi di ritrovamento e alla diversa formazione dei depositi (strati di incendio per Cardarelli e Castelli, livellamenti post-incendio per Gualtieri), si muovono in un intervallo di anni così ridotto da non presentare sostanziali differenze per quanto riguarda la tipologia e la datazione delle classi presenti, che risultano datate ai decenni centrali del I secolo. La bibliografia è pertanto unitaria e unico è il repertorio di disegni a cui tutti e tre gli articoli fanno riferimento. In tal modo si è inteso mettere a disposizione, classe per classe, un “registro dei tipi” che grazie all’entità quantitativa del campione potrà essere utilizzato da coloro che studiano materiali spettanti a questo ambito cronologico.
Il secondo contributo, di Simona Bellezza, si riferisce agli strati del disuso di età domizianea (intorno al 90) di un condotto fognario di età augustea rinvenuto e scavato sulle pendici del Palatino nord-orientale (Area II, fig. 1, 2), dove era stato realizzato in epoca neroniana/flavia un annesso del santuario delle Curiae Veteres, costituito da un basamento con soprastante terrazza. Per quanto la ceramica presenti elementi di continuità rispetto a quella dei decenni immediatamente precedenti, i reperti registrano i cambiamenti in atto alla fine del I secolo, tra i quali vanno segnalati gli arrivi della terra sigillata africana, che fa la sua prima apparizione a Roma proprio in età flavia. I materiali a loro volta, pur appartenendo a produzioni nate e diffuse prima degli anni 70/90, mostrano l’accentuarsi di un trend, già individuabile in età neroniana, che predilige serialità e standardizzazione delle forme e dei tipi.
La terza parte del volume è dedicata ai vetri della media età imperiale rinvenuti nelle “Terme di Elagabalo”. Lo studio di Barbara Lepri approfondisce gli aspetti relativi alle produzioni databili tra II e III secolo, delle quali i contesti dell’horreum adrianeo e di quello severiano che lo sostituisce offrono la testimonianza finora più importante in ambito urbano, sia per quantità che per qualità. Si tratta non solo di forme prevalentemente semplici, in vetro incolore, soffiate o realizzate a matrice, ma anche di rari esemplari di pregio, decorati con filamenti serpentiformi e con applicazioni figurate: pur essendo peculiari del repertorio vetrario, esse rispondono ad un gusto tipico di questo periodo, che trova espressioni anche in altri ambiti dell’artigianato artistico.
Con il contributo di Marta Casalini si ritorna all’Area II (fig. 1, 2), ma lo studio interessa questa volta i contesti tardo-antichi (IV-VI secolo) individuati negli ambienti semipogei della terrazza neroniana/flavia. Si tratta di stratigrafie che segnano l’ultima fase di vita dei vani più prossimi alla collina e la loro perdita di funzione e distruzione in seguito al crollo delle volte. Potendo disporre di una successione di attività di lunga durata e di una documentazione quantitativamente rilevante, l’A. segue classe per classe il comportamento delle merci in arrivo a Roma in rapporto con i centri di origine, segnalando di volta in volta le realtà produttive che si vanno affermando (soprattutto africane, bruzie e siciliane, egeo-orientali, ma anche locali o laziali) e quelle che nel corso di questi tre secoli avevano terminato o stavano per concludere il loro ciclo di attività (produzioni spagnole, lusitane), all’interno di un quadro tra i più difficili della storia dell’impero (tra saccheggi, invasioni, instabilità politica e sociale, guerre). Accanto agli scarichi ceramici della seconda metà del V secolo, che cercano di frenare i cedimenti strutturali dell’edificato, quelli del VI secolo mostrano un’area già in uno stato di degrado e di abbandono.
Alle testimonianze di età medievale sono dedicati infine i lavori di Laura Orlandi (il contesto stratigrafico e i materiali ceramici) e di Barbara Lepri (i vetri). La documentazione relativa al medioevo si è recentemente arricchita: nelle ultime campagne di scavo sono stati infatti rinvenuti un pozzo per acqua, una calcara e un altro butto, ma i due analizzati in questa sede sono costituiti da materiali più abbondanti, spesso quasi integri e molto circoscritti nel tempo (seconda metà del XII/inizi del XIII secolo). La rarità, nell’area delle “Terme di Elagabalo” (fig. 1, 3), di strutture in elevato attribuibili all’insediamento sviluppatosi almeno dal X secolo nei pressi della chiesa di Santa Maria Nova, è dunque compensata da questa documentazione, che testimonia comunque l’esistenza di abitazioni e di impianti necessari alla vita di una collettività.
CLEMENTINA PANELLA – LUCIA SAGUÌ
INDICE
PRESENTAZIONE di Clementina Panella e Lucia Saguì
L’ETÀ NERONIANA: META SUDANS E “TERME DI ELAGABALO” di Cecilia Gualtieri, Viviana Cardarelli e Giusy Castelli
LA DISMISSIONE DI UN CONDOTTO FOGNARIO: UN CONTESTO DI ETÀ DOMIZIANEA di Simona Bellezza
IL VETRO DELLA MEDIA ETÀ IMPERIALE NELLE STRATIGRAFIE DELLE “TERME DI ELAGABALO” di Barbara Lepri
PENDICI NORD-ORIENTALI DEL PALATINO: CONTESTI CERAMICI TARDOANTICHI A CONFRONTO di Marta Casalini
TESTIMONIANZE MEDIEVALI NELLE “TERME DI ELAGABALO”. IL CONTESTO E I REPERTI di Laura Orlandi e Barbara Lepri
F.to 17x24, Brossura, pp. 216, Ill. a colori e B/N