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Il Palazzo di Cherubino Tempestivi a Montefalco Storia e arte in un palazzo gentilizio umbro del XVI secolo

Copertina del libro
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Versione stampata

Montefalco è tradizionalmente nota per le sue chiese, silenziose e raccolte. affrescare con la più autentica e sincera pittura umbra. i vitigni conosciuti ormai in tutto il mondo, le reliquie di una grande Agostiniana vissuta ai tempi di Dante e di Bonifacio VIII. L’incomparabile paesaggio che da qualunque punto lo si ammiri quasi lambisce Spoleto, Assisi e Perugia e, ai loro piedi. la dolcissima vallata umbra. Dentro la cima delle solide mura un edificio classicheggiante - che occhieggia al tardo cinquecento romano - strappa, anche al più frettoloso passante, almeno uno sguardo ammirato su una facciata davvero imponente; l'interrogativo su chi lo abbia abitato e su quanto in esso sia contenuto viene certo a dilatarsi quando il passante - cercando di intuire il perimetro della costruzione - affacciandosi sul retrostante sagrato di San Bartolomeo, resta colpito dal triplice ordine di loggiati che lasciano intravedere nitide e preziose pitture e fanno immaginare panorami forse qui ineguagliati. Raccontare la storia di questo edificio, delle famiglie che lo abitarono, ma ancor prima, la parabola del suo costruttore e primo proprietario- Cherubino (II) Tempestivi (?-1615), intimo cubiculario di Clemente VIII, al secolo Ippolito Aldobrandini - è stato per l’autore un percorso non breve, ma certamente denso di sorprese e di ritrovamenti fortunati. Con l'aiuto dei documenti, si sono via via precisati i personaggi della illustre famiglia: abili provinciali (Pieralberto), solerti funzionari pontifici (il primo Girolamo e probabilmente Diego, figlio di Cherubino), apprezzati vescovi (Bernardino e Fabio) e uomini di chiesa (il secondo Fabio e l’ultimo Bernardino), insieme a legati apostolici (il secondo Girolamo), militi (l'ultimo Cherubino) e finanche insigni porporati (il card. Giovan Domenico de Cuppis, prozio influentissimo di coloro che precedono). Le vicende familiari dei Tempestivi, gli incarichi conferiti ai membri di questa discendenza e le politiche matrimoniali per lungo tempo contratte (si pensi a quella con i vicini Valenti di Trevi) evidenziano poi e mettono in risalto istituti giuridici continuamente utilizzati nelle trame di questa storia: cessioni immobiliari, pani di riscatto, mutui, permute, donazioni, commende, fedecommessi e devoluzioni ereditarie (queste ultime pressoché sempre irte di oneri e pesi): lo si vedrà, in particolare, quando l'edificio passerà per brevissimo tempo (1714) ai Pallotta di Caldarola e quindi ai Bovio di Montefalco che alla fine dell'ottocento lo cederanno definitivamente agli spoletini Langeli; un quadro articolato, dunque, certamente composito e ricco. L'ambiente storico che a tutto questo fa contorno emerge in modo nitido; lo sfondo è la vivissima provincia Umbra, su cui si impone - dopo il 1540 con la repressione farnesiana della ribelle Perugia - la definitiva e non più contestata autorità dei Governatori pontifici e con essi la nascente e totalizzante Controriforma; qui soprattutto rilevando (sono passati pochi decenni: siamo nel 1593) la Congregazione dell'Oratorio e la devozione capillare per S. Filippo Neri, il padre Filippo così caro al Pontefice Aldobrandini; e il nuovo ordine si riverbererà necessariamente nel microcosmo di Montefalco: le visite diocesane nell’edificio dei vescovi e governatori spoletini (dal card. Visconti, a Maffeo Barberini, al Facchinetti, al nizzardo Lascaris) e la protezione di grandi uomini di Chiesa (si pensi al Baronio) sono tutt'uno con gli aspetti devozionali, costantemente osservati dai notabili locali, che si sostanziano in reiterate committenze artistiche, lasciti testamentari ai monasteri, alle confraternite laiche e comunque ai più bisognosi; e ancora: sovvenzioni non piccole per la edificazione di nuove chiese e articolati giuspatronati, spesso con enfasi istituiti e ormai da tempo dimenticati; tutti quegli usi, quindi, di cui quella società era allora profondamente imbevuta. Ciò porterà, conseguentemente, a risultati tangibili - come si riscontra nella edificazione del palazzo di Cherubino (u) Tempestivi - che dovevano dimostrare in modo incisivo la supremazia del Magistero di Pietro e le virtù salvifiche ad esso riconducibili; l'esaltazione della Chiesa trionfante e, in misura minore, le dignità conferite al cubiculario del Sommo pontefice con le bolle tuttora esistenti in Vaticano (1593-1599), andranno a coinvolgere gli aspetti più immediati della creazione artistica. Così ecco far capolino nella narrazione le silenziose ombre di architetti celeberrimi (Vignola e Giacomo della Porta) o di altri progettisti abili, ma del tutto sconosciuti ai più; si pensi al lombardo Giovan Domenico Bianchi che fu artefice del palazzo ducale dei Cesi nella vicina Acquasparta, probabile archetipo del palazzo di Montefalco; e quindi al perugino Valentino Martelli che fu certo qui operoso esattamente negli anni in cui venne realizzato questo edificio (1593-1610); per finire poi con i pittori, dal caposcuola universalmente citato - Federico Zuccari -ad Antonio Tempesta, a Tarquinia Ligustri e ai tanti seguaci o epigoni di Paul Bril; a tutta quella pittura dunque che nello scorcio dell'ultimo cinquecento fu presto nota come pittura di paesaggio; e con essa i più anonimi e non meglio identificati frescanti che di città in città vagavano con cartoni mille volte ripetuti e imitati in chiese, palazzi e case degne di nota come probabilmente fu per il cinquecentesco palazzo Tempestivi di Montefalco. Un materiale estremamente ricco, dunque, e lo stimolo per una ulteriore, doverosa valorizzazione; cosa restava infatti da compiere agli ultimi proprietari dell'antico edificio? Restaurarlo, conservarlo e preservarlo per le future generazioni; ma anche, certamente, raccontarne la storia; o almeno provare a raccontarla. (g. de p.)

L'AUTORE
GIORGIO DE PETRA è nato e lavora a Roma; conseguita la maturità classica al liceo Marcantonio Colonna e le lauree in economia e in giurisprudenza, ha presto affiancato all'attività professionale e alla competenza in diritto societario e penale dell'economia, l'interesse per gli studi di archeologia e di storia. Le sue pubblicazioni gli hanno meritato la nomina a socio ordinario della Società Napoletana di Storia Patria e a socio aggregato della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria. L'interesse per la casa di famiglia in cui ha vissuto larga parte della propria vita lo ha portato ad effettuare la presente ricerca su uno dei palazzi gentilizi più notevoli dell'Umbria.

F.to 17,5x25, Brossura filorefe, pp. 480, Copertina cartonata con sovracoperta, Ill. a colori e B/N