TEMPI DELLA MEDIAZIONE E RAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO. Una svista del legislatore? - n. 13
- Anno: 2011
- Autore/i: Spadafora Nicola
- Catalogo: Nicola Longobardi Editore
- Argomento: Giurisprudenza
- Collana: Soluzioni innovative nel contenzioso - collana giuridica
- ISBN: 978 - 88-8090-347-5
- ISSN:
pp. 24
cm 17x24?
rilegato in brossura
L’irragionevole durata dei processi italiani, e, in particolare, di quelli civili, è stata, come noto, alla base della promulgazione della cosiddetta legge Pinto la quale, a sua volta, è effetto della presa di posizione (in numerosi casi ribadita) della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, la quale, sulla base dell’art. 6 CEDU (norma riprodotta nel novellato art. 111 Cost.) ha accertato in un numero (oltremodo) consistente di casi, la contrarietà alla Convenzione dell’impiego dello strumento processuale.
Esso infatti, le quante volte non garantisca tempi sufficientemente celeri di soluzione della controversia, è ritenuto contrario al sistema europeo di tutela dei diritti dell’uomo e, di converso, ai sensi della citata legge italiana, suscettibile di radicare in capo all’individuo leso il diritto ad un indennizzo. Proprio rispetto a tale legge, la recente normativa istitutiva del procedimento obbligatorio di mediazione, quale passaggio ineludibile sulla strada della rituale proposizione della domanda giudiziale (altrimenti improcedibile) sembra afflitta da quella che, alla luce della giurisprudenza costante della Corte EDU, potrebbe considerarsi come una svista. È senz’altro lecito chiedersi se il dettato dell’art. 7 («Effetti sulla ragionevole durata del processo») della recente legge (cfr. D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28) che ha istituto, come obbligatoria, la mediazione per tutta una serie di tipologie di controversie civili possa considerarsi compatibile con il sistema CEDU che, come noto, nel computo della durata del processo, funzionale a stabilirne la ragionevolezza, considera come dies a quo non necessariamente la data dell’introduzione giudiziale della lite (ossia notifica dell’atto di citazione o di deposito del ricorso), ma in determinati casi, gli atti ad essa prodromici. Nella materia del lavoro era il tentativo obbligatorio di conciliazione; non vi è ragione insomma di credere che i tempi della mediazione possano sfuggire al computo e ciò, nonostante le ingenue aspettative del legislatore.