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Mozart e il sentire italiano - Vol 249

a chiusura del 250° anniversario della nascita, Roma, 26-26 gennaio 2007

Copertina del libro
€ 15,00
Versione stampata

In 8°, bross., 71 pp., ill.ni b/n - Disponibile anche n PDF Euro 10,00
G. Conso - Parole di saluto
P. Petrobelli - Introduzione
R. Strohm - Mozart and the Italian sentiment
S. Durante - Il discorso su Mozart: paradigmi e declinazioni na-zionali
D. Courir - Mozart e il sentire italiano
M.H. Schmid - Padre e figlio. Il Gloria nel segno del «DomineDeus» in Mozart
G. Pestelli - La nascita di uno stile ‘patetico’ nella musica stru-mentale di Mozart

Questo incontro, voluto dal Presidente della nostra Accademia, è l’evento conclusivo dell’anno mozartiano 2006, e coincide nella data con il giorno della nascita del sommo compositore. Sarebbe fuor di luogo, ma soprattutto impossibile, delineare un bilancio conclusivo degli eventi che hanno caratterizzato questa ricorrenza; col rischio di essere quasi brutale, vorrei dire che pressoché tutte le iniziative sono state inadeguate alla figura e alla rilevanza del compositore. Come tutte le grandi figure della cultura, Mozart e la sua opera sono una componente costante della nostra vita quotidiana; e invece le rappresentazioni teatrali, le esecuzioni concertistiche, i congressi e i convegni, le mostre, le pur numerose pubblicazioni uscite in quest’anno sull’argomento solo raramente si sono collegate alla complessa realtà storica del personaggio, per rivolgersi invece al mito che attorno a lui è stato creato. Come sempre avviene, il mito è riduttivo e livellante insieme, e nasconde la multiforme verità che si incarna nell’opera d’arte, nel vivo del linguaggio musicale; il mito offusca quella realtà artistica alla quale noi ci accostiamo con sempre rinnovata gioia ed attenzione, e che è la ragione ultima del perché oggi noi siamo qui, a parlare di Mozart a duecento e cinquant’anni dalla sua nascita. Che l’esito di queste celebrazioni sia stato fortemente determinato dal mito è provato, a mio modo di vedere, e in negativo, dall’assordante silenzio che ha accompagnato una ricorrenza altrettanto importante nella storia della musica, e cioè il centocinquantesimo anniversario della morte di Robert Schumann, una ricorrenza trascorsa senza alcuna risonanza, nemmeno sul piano delle esecuzioni. E ormai si stanno spegnendo le luci anche sulla ribalta del mito Mozart, per accendersi per quella del mito Toscanini, un’altra realtà storica ormai annegata nella desolante malinconia dei clichés. Alla realtà storica di Mozart si è voluto invece ispirare il nostro convegno, rivolgendosi sopratutto al multiforme rapporto del musicista con la nostra cultura, con la cultura italiana; un rapporto che si è mantenuto costante durante tutta la sua pur breve esistenza; e – del tutto significativamente – che sul piano della composizione musicale ha avuto inizio a Londra nel 1766, con le lezioni ricevute da Johann Christian Bach, uno dei figli di Johann Sebastian, quando questo compositore, già maestro di cappella del Duomo di Milano, era divenuto maestro di musica della Regina Carlotta. Il linguaggio musicale ed il linguaggio artistico di Mozart sono quindi, sin dall’inizio, decisamente europei; fermo restando il loro costante rapporto con il nostro “sentire”, verbo sostantivato di proposito polivalente, perché polivalente è il rapporto cui si riferisce. Di questo rapporto parleranno i nostri relatori, secondo l’angolatura più congeniale alle loro esperienze culturali ed ai loro interessi di studiosi. A tutti loro desidero qui esprimere sin d’ora la più viva gratitudine per aver voluto essere con noi, al termine di una ricorrenza che per tutti dev’essere stata non poco impegnativa – non è certo un caso che con più di uno di essi abbiamo avuto altrove altre occasioni d’incontro, sempre per parlare e per ragionare di Mozart. Vorrei aggiungere che, oltre a quelli elencati nel programma, due altri temi – quello dei viaggi del compositore, e quello del suo italiano scritto – sono rimasti senza voce, per una serie di coincidenze che hanno impedito agli studiosi interpellati di rispondere affermativamente al nostro invito. Un ultimo ringraziamento, questo ovviamente a titolo personale, vorrei rivolgere a tutti gli amici del Comitato Ordinatore, che hanno fortemente contribuito con le loro idee e con le loro esperienze al divenire di questo incontro. Concludo il mio dire ripetendo anche in quest’occasione un convincimento che sono venuto maturando nel tempo, e che riguarda proprio il rapporto di Mozart con l’Italia e la sua cultura. A differenza del padre di lui, Leopold, apertissimo a tutte le manifestazioni del pensiero e della riflessione sulla musica, Wolfgang stabilisce un rapporto privilegiato e duraturo con la nostra civiltà attraverso l’impiego della nostra lingua. Dell’italiano Mozart conosce e capta tutte le sfumature e tutte le possibilità espressive, trasfigurandole nel proprio linguaggio musicale. L’assoluta, inconfondibile originalità del linguaggio musicale di Mozart si realizza anche perché egli traduce, in termini esclusivamente sonori, e quindi anche sul piano del discorso strumentale, quel “parlare all’italiana”, quel trasformare in sonorità musicali i suoni, gli accenti, le inflessioni della nostra lingua. Per questo abbiamo voluto porre al centro di questa manifestazione i due Quartetti con pianoforte, come suggello emblematico del suo “sentire italiano” in termini del tutto strumentali.