Sapori e Profumi del mare di Napoli. Ricette Curiosità Storie e Leggende
Strenne Natale 2008
- Anno: 2008
- Autore/i: LEJLA MANCUSI SORRENTINO
- Catalogo: Grimaldi
- Argomento: Gastronomia
- ISBN: 88-89879-32-7
- ISSN:
Volume in 8° (cm. 17,5 x 24,5), ca. 180 pagine con 12 tavole tratte da antiche stampe.
Edizione su carta pesante in elegante astuccio
rigido figurato.
Nella prima parte del libro ogni frutto di mare, ogni
pesce, ogni mollusco ha la sua scheda, corredata da
note naturalistiche tratte da antichi ricettari.
Nella seconda parte, l’autrice racconta anche delle
virtù afrodisiache attribuite al pesce e dell’intimo
rapporto esistente tra pesce e vino.
Infine storie bizzarre, antiche e recenti e antichi
proverbi napoletani riguardanti il pesce, rendono
particolarmente prezioso il volume.
Lejla Mancusi Sorrentino, Sapori e Profumi del mare di Napoli
Nella prima parte del libro ogni frutto di mare, ogni pesce, ogni mollusco ha la sua scheda, corredata da note
naturalistiche tratte da antichi ricettari, e notizie utili per gli appassionati del mare desiderosi di saperne di più
sulle diverse specie ittiche reperibili sul mercato. Le schede sono arricchite da aneddoti e gustose ricette, sia tradizionali
che innovative, chiaramente spiegate e facili da eseguire.
Napoli è la città dei frutti di mare, una varietà sterminata, e i Napoletani hanno anche una passione quasi
maniacale per il pesce, predilezione che ha radici antichissime. I primi coloni greci fondarono l’antica Partenope
per la pescosità di quel golfo, dove crescevano e si moltiplicavano una grande varietà di pesci, crostacei e molluschi.
Le origini di Campania felix affondano dunque nel mare, ma una vera cucina del pesce si sviluppò solo
intorno al I secolo a. C., quando il litorale flegreo divenne luogo di villeggiatura dei ricchi patrizi romani che
vi possedevano lussuose dimore corredate di grandi piscine collegate con il mare dove erano allevati e stabulati
pesci pregiati.
Dopo la caduta dell’Impero Romano, con l’affermazione sempre più significativa e autoritaria della Chiesa
Cattolica, il pesce acquistò un’enorme importanza simbolica, considerato cibo di magro da consumare nei
numerosissimi giorni di astinenza dalla carne. I pesci dunque assunsero un ruolo espiatorio, mangiati solo per
obblighi di natura religiosa, ma nel Regno di Napoli era facile ottenere la dispensa con pochi soldi.
A cominciare dal Rinascimento, i cuochi eruditi rivalutarono il pesce, dandogli maggiore spazio nei loro trattati
con nuove ricette e note naturalistiche come quelle di Francesco Leonardi, autore del monumentale ricettario
l’Apicio moderno (1790), celebre cuoco lungamente attivo a Napoli, che terminò la sua carriera al servizio
della grande Caterina imperatrice di tutte le Russie.
Tutti questi argomenti sono trattati nella seconda parte del libro in cui l’autrice racconta anche delle virtù
afrodisiache attribuite al pesce e dell’intimo rapporto esistente tra pesce e vino. Attualissimo lo spaccato settecentesco
della situazione sociale ed economica dei pescatori napoletani, ripresa da un Ragionamento di Mario
Pagano avvocato dei poveri alla fine di quel secolo, e interessanti gli stralci sull’Alimentazione del popolo minuto
di Napoli, in cui sono elencate le specie ittiche più usate dal volgo. Infine storie bizzarre, antiche e recenti,
rendono particolarmente prezioso il volume, piacevole alla lettura anche per i numerosi proverbi napoletani
riguardanti il pesce.