Agostino Lombardo: la figura e l'opera - Vol 233
Atti del convegno - Roma, 9 marzo 2006 - Con una Bibliografia degli scritti a cura di Mario Faraone
- Anno: 2007
- Autore/i: Aa. Vv.
- Catalogo: Accademia Nazionale dei Lincei
- Argomento: Teatro
- Collana: Atti dei Convegni Lincei - ACL
- ISBN: 978-88-218-0976-7
- ISSN: 0391-805X
In 8°, 236 pp.,
Presentazione:
AGOSTINO LOMBARDO: IL CRITICO COME UNPERFECT ACTOR
il critico – che sarà sempre unperfect come l’attore di Shakespeare – deve entrare nel labirinto (pur sapendo che l’uscita, se mai un qualche filo d’Arianna gli consentirà di raggiungerla, lo porterà su un abisso) deve accettarlo com’è, non trasportarlo nella sua stanza ordinata, modificarlo nel suo laboratorio.
In altre parole uno dei maggiori studiosi e maestri della cultura italiana esplora con estrema lucidità i limiti della sua professione, quella di critico adottata fin da principio e coerentemente seguita per tutta la vita, tanto da creare la prima cattedra di critica – non filologia – shakespeariana in Italia. Naturalmente nella definizione lombardiana di critico rientra tutta una serie di altre importanti e determinanti funzioni che si specificheranno in seguito; basterà per ora ritornare a considerare il parallelo suggerito da Lombardo in un passo cruciale del suo saggio fra il critico e l’unperfect actor del sonetto 23 di Shakespeare.
Innanzitutto perché non usare anche in questo caso, come del resto nel titolo del saggio, l’italiano imperfetto? Ovviamente Lombardo intende qui definire la sua concezione del critico con una precisione estrema, che direi addirittura jamesiana, ricordando la sua familiarità con le opere critiche e soprattutto con le Prefazioni del grande scrittore americano tanto sapientemente da lui tradotte. Forse la medesima preoccupazione di definire il suo attore in questo particolare contesto con assoluta precisione aveva indotto Shakespeare ad usare qui unperfect anziché il ben più comune imperfect.
Infatti l’aggettivo unperfect è una nonce word shakespeariana, ossia una parola che ricorre un’unica volta nell’intero corpus poetico e drammatico di Shakespeare. Invece il termine corrente imperfect ricorre cinque volte nei
drammi e una volta nei Sonetti. Si direbbe dunque che la variante unperfect sia deliberata; vediamone il contesto nel sonetto 23:
As an unperfect actor on the stage, :
Who with his fear is put beside his part, :
[…] So I for fear of trust, forget to say, :
The perfect ceremony of love’s right, …:
Parafrasando questi versi, diciamo che il poeta paragona un attore che non ha studiato e imparato abbastanza le sue battute e perciò, preso dal panico, esce dalla sua parte, al poeta stesso che per paura di sembrare troppo sicuro di sé, esce dal suo ruolo, dimenticando il linguaggio rituale della poesia amorosa. È questa una parafrasi quanto mai approssimativa poiché non tiene conto della natura stessa del linguaggio poetico, caratterizzato dalla sua pregnanza, ossia da quella che, in un memorabile saggio che conserva ancora dopo settant’anni una sua fondamentale validità, William Emp-son ha chiamato la sua ambiguità.
Ecco che unperfect significa molto di più di quegli aggettivi con cui i traduttori hanno cercato di renderlo in italiano; e non meno ambigua è l’espressione is put beside his part, tipica di un professionista del teatro; l’immagine è quella di un attore impreparato che è costretto (is put) a uscire dalla sua parte ossia sostanzialmente a improvvisare; dipende dall’intensità del senso di panico da cui egli è preso se l’improvvisazione dell’attore si manifesta per difetto o per eccesso. In altre parole il rischio per l’attore impreparato è o di ammutolire oppure di abbandonarsi a quegli eccessi istrionici che Amleto condanna severamente nelle sue istruzioni agli attori ai quali ha affidato un suo testo (Hamlet, 3.2.1-45).
In ogni caso la parola chiave in questo contesto è “attore”: il critico è in primo luogo un interprete in tutti i sensi del termine, ossia il mediatore fra il linguaggio del testo e il lettore, ma anche l’attore che rende vivo quel testo per gli ascoltatori. All’uomo di teatro Shakespeare la metafora dell’attore viene più che naturale e ricorre frequentemente sia nei sonetti che nei drammi. A parte le istruzioni di Amleto agli attori prima della rappresentazione del play within the play la menzione più famosa è quella nel monologo di Macbeth (5.5.24-26): :
Life’s but a walking shadow, a poor player:
That struts and frets his hour upon the stage:
And then is heard no more. :
Nell’un caso come nell’altro quelli che vengono sottolineati sono i limiti della professione di attore. Nel sonetto se ne indicano le difficoltà, anzi l’impossibilità, di fornire un’interpretazione completa delle intenzioni del
drammaturgo/creatore del personaggio, in Macbeth si insiste invece sulla assoluta labilità della funzione dell’attore. Il critico si trova esattamente nella stessa posizione in quanto il suo compito è quello di trasmettere il più lucidamente possibile al lettore/ascoltatore il senso profondo del testo che lo impegna. Lombardo è pienamente consapevole del fatto che la pregnanza stessa del linguaggio, la ricchezza del tessuto letterario non permette di trasmetterne un’interpretazione univoca.
Non v’è dubbio che queste considerazioni siano state suggerite a Lombardo dalla sua familiarità con i testi shakespeariani, più precisamente con la consapevolezza dell’instabilità di tali testi, i quali, soprattutto nel caso di opere maggiori come Hamlet e King Lear, sono pervenuti a noi in più di una versione ciascuno a conferma del fatto che ogni opera teatrale è soggetta a continue variazioni ogni volta che viene rappresentata. Ciascun interprete si avvicina al testo in maniera diversa e altrettanto fa l’attore. L’identificazione che Agostino Lombardo fa fra l’attore e il critico ha appunto questo valore: nel riconoscersi come critico/attore Agostino Lombardo accetta con umiltà e completa dedizione il suo ruolo di grande maestro.
INDICE
Comitato Ordinatore
Programma
G. Conso - Parole di saluto
G. Melchiori - Agostino Lombardo: il critico come unperfectactor
V. Gabrieli - Agostino Lombardo, l’uomo e lo studioso
P. Boitani - L’anglista e il rapporto con l’Italia
B. Bosco Tedeschini Lalli - Il “mito” americano di Agostino Lombardo
Tavola rotonda
Il Maestro: Bari, Milano, Roma
V. Amoruso
C. Pagetti - Per Agostino Lombardo
S. Piccinato - Agostino Lombardo Maestro
Lombardo, il teatro e Shakespeare
M. D’Amico - Agostino Lombardo critico teatrale
L. Squarzina - Lombardo nel teatro
Tavola rotonda
Testimonianze sull’opera e la figura di Agostino Lombardo
R.M. Colombo
G. Cianci - «Esca da quest’aula!»
C. Corti - Lezioni di poetica sotto i platani della Versilia
M. Mazza - Agostino Lombardo: in memoriam
G. Orlandi - Testimonianza
M. Faraone - Bibliografia degli scritti di Agostino Lombardo
Scheda autore:
Agostino Lombardo
Agostino Lombardo, anglista e americanista, Accademico dei Lincei, è stato professore emerito dell’Università "La Sapienza" di Roma. Su Shakespeare ha scritto, tra l’altro: Lettura del Macbeth (premio Bellonci per la critica); Il Fuoco e l’Aria (su Antonio e Cleopatra); L’eroe tragico moderno; La grande conchiglia (su La Tempesta). A lui si devono versioni di opere shakespeariane messe in scena da G. Barberio Corsetti, F. Branciaroli, S. Braunschweig, A. Calenda, S. Cardone, P. Carriglio, G. Cobelli, E. D’Amato, F. D’Avino, L. de Berardinis, F. Ricordi, S. Sequi, L. Squarzina, P. Stein e G. Strehler, sul quale ha pubblicato Strehler e Shakespeare. Ha ricevuto il premio Grinzane-Cavour e il premio Achille Marazza per le sue traduzioni. E' morto il 23 gennaio 2005.