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27. Botteghe romane L’arredamento

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Versione stampata

Numero Pagine: 120 - Illustrazioni: 119 ill.
Sommario: Premessa; L’arredamento nelle botteghe di commestibili: Pistrinum. Laniarium. Taberna fructuarii. Caupona, thermopolium, taberna vinaria. L’arredamento nelle botteghe d’abbigliamento: Taberna lanarii, lintearii et vestiarii. Taberna sutrina. Taberna gemmarii. L’arredamento nelle botteghe di vario genere: Taberna tonstrina. Taberna unguentaria et medicina. Taberna argentaria. Taberna libraria. Sussidi dell’arredamento nelle botteghe: Esposizione della merce. Insegne. Decorazione pittorica. Conclusioni. Appendice: Pesi e misure romani. La moneta romana. L’editto dei prezzi di Diocleziano. Abbreviazioni. Bibliografia. Manifestazione di una società economicamente ancora alquanto primitiva, a un tempo produttrice e venditrice di merce, la bottega romana partecipava quasi sempre della duplice natura dell’officina e del negozio vero e proprio, e questo carattere composito doveva logicamente rispecchiarsi soprattutto nell’arredamento delle botteghe a carattere in prevalenza artigianale, come quella del faber tignarius (falegname), del faber ferrarius (fabbro ferraio) (figg. 1-2), del marmorarius (marmista), ecc. che non sono state qui prese in particolare considerazione perché fornite solamente, a quanto si rileva nelle raffigurazioni, di semplici sgabelli e dei necessari mezzi di lavoro: incudini, fornaci, mulini, vasche, ecc. Caratteristiche fondamentali dell’arredamento delle tabernae (botteghe), come del resto delle abitazioni soprattutto delle insulae (isolati), erano l’essenzialità e la semplicità, sia dei mobili che degli arredi, dovute soprattutto alla ristrettezza degli ambienti. Si fa presente inoltre che i Romani utilizzavano preferibilmente, come materiale dei mobili, marmo e metallo, più durevoli del legno, pur esso usato in arredamenti di minore qualità. In definitiva, sia il numero essenziale che la foggia degli arredi dovevano rispondere a due elementari necessità: conservare la merce pronta per la vendita e sostenerla durante l’atto dell’acquisto. Da ciò la presenza in tutte le tabernae di armadi (armaria) e di banchi (tabulae o mensae). Era poi elementare tattica di cortesia offrire al cliente la possibilità di fare con comodo i suoi acquisti: donde la necessità lungo i muri di panche e di sedili (sellae) di cui d’altra parte an¬che il padrone doveva servirsi nelle sue lunghe permanenze nella bottega. All’infuori di questi fondamentali tipi di mobili, con le loro varianti e i loro completamenti (mensole, nicchie, casse, tavolini, soppedanei, cuscini, ecc.), l’arredamento della bottega non comprendeva altro, indulgendo talvolta a tipi costanti di ornamentazione: intagli a carattere geometrico, torniture varie nei sostegni dei tavoli e delle sedie, borchie metalliche, rivestiture policrome di marmo e di affreschi nei banchi in muratura e nei loro annessi. Non si è potuto dare a questo studio una impostazione cronologica e ci si è limitati ad esporre secondo un filo logico le notizie riguardanti globalmente l’arredamento dell’età romana. Infatti le tre fonti principali d’informazione - ritrovamenti archeologici, documentazione figurativa, notizie fornite dagli autori o dai testi classici - sono assai scarse e in taluni casi addirittura inesistenti. Bisogna tener presente, inoltre, che la suppellex (vocabolo con cui i Romani chiamavano tutto ciò che veniva usato nelle case e nelle botteghe a scopo ornamentale e funzionale: mobili, quadri, tendaggi, vasellame, candelabri, lucerne e bracieri), quella più fragile, è andata molto spesso distrutta durante gli scavi stessi. Solamente la documentazione figurativa porta qualche notevole sussidio, ma anch’essa può in certo modo trarre in inganno perché il più delle volte, trattandosi di rilievi funebri, sono raffigurazioni realistiche, ma condotte con tecnica imperfetta, incerta nella prospettiva e spesso non rispettosa delle più elementari norme del disegno. Inoltre tali rilievi, apposti sulle facciate delle tombe come se fossero una perenne insegna della bottega del defunto, mentre c’informano della vita artigianale e industriale dell’Italia e delle Gallie, risultano assai scarsi nei paesi danubiani e nella Spagna e vengono addirittura a mancare nell’Africa e nella Britannia, lasciando quindi una grave lacuna a questo proposito. Altri rilievi, al contrario, s’ispirano a una eccessiva idealizzazione che potrebbe anche far dubitare della loro attendibilità, almeno come informazione circa un arredamento di uso comune e popolare. Altrettanto dicasi delle raffigurazioni pittoriche provenienti dalla Casa dei Vettii di Pompei che, pur preziosissime per quanto c’interessa, offrono solamente la testimonianza di una particolare, raffinatissima categoria di negozi. A tutto ciò si deve aggiungere l’incertezza, e talvolta il contrasto, nelle interpretazioni di alcune fra queste raffigurazioni da parte dei più eminenti studiosi. Da notare che a Roma, come probabilmente in altre città dell’Impero, alcune strade prendevano il loro nome proprio dalla presenza di numerose botteghe specializzate nella vendita di determinati prodotti, come ad esempio il vicus Unguentarius e il vicino vicus Thurarius presso la basilica Iulia nel Foro, dove avevano il loro negozio Cosmo e Nicera, famosi myropolae cioè profumieri, che avevano dato il loro nome a due profumi, il Cosmianum e il Nicerotianum; oppure il vicus Vitrarius situato all’inizio della via Appia, dove si concentravano le botteghe dei rivenditori di oggetti di vetro e il vicus o clivus Argentarius presso il Foro di Cesare con le botteghe dei cambiavalute e il vicus Sandaliarius con botteghe di calzolai1. Si sono considerate parte integrante dell’arredamento delle tabernae le insegne e la decorazione, sia pittorica che scultorea, giacché anche l’arredamento dei negozi moderni, pur esso limitato e quasi sempre solo funzionale, si arricchisce ed anima spesso di simili elementi non indispensabili. Con un criterio affine è trattata anche l’esposizione della merce, che comporta l’uso di particolari arredi e, ad un tempo, costituisce un elemento anch’esso in qualche modo decorativo.